La Domus Aurea ("Casa d'oro" in latino) era la Villa urbana costruita dall'imperatore romano Nerone dopo il grande incendio che devastò Roma nel 64 d.C..
La Domus Aurea, come tutto il Centro storico di Roma, le Zone extraterritoriali della Santa Sede in Italia e la Basilica di San Paolo fuori le mura, è stata inserita nella lista dei Patrimoni dell'umanità dall'UNESCO nel 1980.
Costruita in mattoni, nei pochi anni tra l'incendio e la morte di Nerone nel 68, gli estesi rivestimenti in oro colato che le diedero il suo nome non erano gli unici elementi stravaganti dell'arredamento: vi erano soffitti stuccati incrostati di pietre semi-preziose e lamine d'avorio.
Plinio il Vecchio assistette alla sua costruzione.
La residenza dell'imperatore giunse a comprendere il Palatino, le pendici dell'Esquilino (Oppio) e parte del Celio, per un'estensione di circa 250 ettari.
La maggior parte della superficie era occupata da giardini, con padiglioni per feste o di soggiorno.
Al centro dei giardini, che comprendevano boschi e vigne, nella piccola valle tra i tre colli, esisteva un laghetto, in parte artificiale, sul sito del quale sorse più tardi il Colosseo.
Nerone commissionò anche una colossale statua in bronzo di 35 metri raffigurante se stesso, vestito con l'abito del dio-sole romano Apollo, il Colossus Neronis, che fu posto di fronte all'entrata principale del palazzo sul Palatino.
Il colosso fu successivamente riadattato colle teste di vari successivi imperatori, prima che Adriano lo spostasse per far posto al tempio di Venere e Roma e l'Anfiteatro Flavio prese quindi il nome di Colosseo nel Medio Evo, proprio da questa statua.
La vera residenza di Nerone rimase comunque nei palazzi imperiali del Palatino.
Pianta che mostra la disposizione delle Terme di Traiano rispetto alla Domus Aurea
La parte conservata al di sotto delle successive terme di Traiano sul colle Oppio era essenzialmente una villa per feste, con 300 stanze e non una camera da letto e neppure sono state scoperte cucine o latrine.
Le camere rivestite di marmo finemente levigato componevano intricate planimetrie, composte di nicchie ed esedre che concentravano o disperdevano la luce del sole.
Vi erano piscine sui vari piani, e fontane nei corridoi.
Nerone s'interessò in ogni dettaglio del progetto, secondo gli Annali di Tacito, e supervisionava direttamente gli architetti Celere e Severo.
Dopo la morte di Nerone, il terreno della Domus Aurea venne «restituito al popolo romano» dagli imperatori successivi.
In circa un decennio la dimora neroniana venne spogliata dei suoi rivestimenti preziosi: i cantieri per le terme di Tito erano già avviati nel 79 d.C. Vespasiano utilizzò lo spazio in cui era stato scavato il lago artificiale per costruire l'Anfiteatro Flavio, col Colossus Neronis nei suoi pressi.
Anche le terme di Traiano ed il Tempio di Venere e Roma risiedono nel terreno occupato dalla Domus.
In quarant'anni, la Domus Aurea fu completamente sepolta sotto nuove costruzioni, ma paradossalmente questo fece in modo che i "grotteschi" dipinti potessero sopravvivere; la sabbia funzionò come le ceneri vulcaniche di Pompei, proteggendoli dal loro eterno nemico, l'umidità.
Quando un giovane romano cadde accidentalmente in una fessura sul versante del colle Oppio alla fine del XV secolo, si ritrovò in una strana grotta, piena di figure dipinte.
La scoperta, però, provocò anche l'ingresso dell'umidità nelle sale, e questo avviò il processo di lento, inevitabile decadimento.
Alla forte pioggia fu attribuito anche il crollo d'una parte del soffitto.
La riapertura di una parte del complesso, chiuso subito dopo il crollo, era prevista per il gennaio 2007, ma il monumento continua a soffrire di una situazione a rischio, dovuta al traffico, alle radici degli alberi del giardino e ad altri problemi riguardanti l'area, che impediscono di proseguire lo scavo e l'esplorazione.
Il 30 marzo 2010 crolla la volta di ingresso ad una galleria che portava alla Terme Traianee, costruite sopra la struttura neroniana dall'imperatore Traiano nell'anno 104.