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Fossombrone Marche

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Fossombrone - Marche ( Italia )

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FOSSOMBRONE


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Comune di FOSSOMBRONE

 dati e informazioni utili

Numero Abitanti : 9.528
Altitudine s.l.m. : 118 mt.
Superfice Kmq. : 106,70
Denominazione abitanti : fossombronesi o forsempronesi
Partita IVA : 00223590415
CAP Codice Postale : 61034
Codice Istat : 041015
Codice Catastale : D749

Mappa Fossombrone

 GPS / Mappa

Fossombrone - Coordinate geografiche / GPS
43°41'22.06" N - 12°48'30.17" E
Decimale: 43.68946 - 12.80838



FOSSOMBRONE (Marche) è un Comune italiano totalmente montano di 9.528 abitanti, situato a 118 metri s.l.m. , il suo territorio si estende su una superfice di 106,70 kmq.

La cittadina di Fossombrone è il maggior centro della media Valle del Metauro ed è caratterizzato da un centro d'impronta medievale disteso sul pendio di un colle e dominato da una Cittadella e dai ruderi della Rocca malatestiano-feltresca.
La parte moderna del paese si estende sulla pianura su entrambi i lati del fiume Metauro; le due zone industriali si trovano: lungo la Via Flaminia, dopo la località San Martino del Piano in direzione di Fano, ed il località Ghilardino.
La frazione Calmazzo, che si trova sulla vecchia strada Flaminia poco prima della Gola del Furlo, è sede di antichi ritrovamenti dell'epoca romana.
Nel 1989, durante uno scavo effettuato nella zona dalla vicinissima Università di Urbino, ha portato alla luce il recinto sepolcrale della famiglia Cissonia.
Il nome attuale di Fossombrone deriva certamente da Forum Sempronii nome dell'antico centro romano legato a sua volta alla figura del tribuno Gaio Sempronio Gracco, che venne in queste zone nel 133 a.C. per l'applicazione della legge agraria.

- Architetture importanti
Corso Garibaldi - All'ingresso della via si apre largo Sempronio Gracco con un cippo dedicato all'omonimo personaggio, proseguendo per l'arteria si trovano palazzi monumentali tra i quali quattro con facciata a bugnato mentre sulla destra si estende la parte più antica della città.

- Religione
Partendo da Corso Garibaldi 10, si incontra subito la chiesa barocca di San Filippo, la quale, tra l'altro, propone una serie di eventi per gran parte dell'anno.
Proseguendo la Chiesa di Sant'Agostino ( XIV sec. ) e il suo Chiostro.
Alla fine del Corso potrete visitare il Duomo di Fossombrone, situato in piazza Mazzini.
Molto consigliato il “Convento dei Padri Priori Cappuccini”, segnalato da una grande croce luminosa e costruito in cima al “Colle dei Santi”, dove si può anche godere del panorama che comprende una visuale che va dalla Gola del Furlo fino a Fano.
Sulla parte alta di Fossombrone si trova il nucleo originale della città, costruito dai Romani come fortificazione, attorno al 200-300 aC.
In questa zona troverete le strutture del “Museo e Pinacoteca A. Vernarecci” accerchiati dai Giardini Ducali, in uno scenario tipicamente medioevale.
Scendendo, lungo via Pergamino, la “Casa-Museo Quadreria Cesarini”, nella quale è conservata la collezione di quadri del notaio Cesarini, mentre, al piano inferiore, si può visitare la casa del notaio, rimasta negli ambienti all'aspetto originario.

La storia della città
- Da Forum Sempronii al Mille 
Il territorio è stato popolato sin dal Paleolitico; tracce di insediamenti piceni sono state ritrovate sulle due alture di Monte Aguzzo e Monte Raggio.
La costruzione della Via Flaminia, nel 220 a.C. favorì la fondazione e l'espansione della città romana di Forum Sempronii nell'area di San Martino del Piano.
Importanti ritrovamenti – il recinto sepolcrale della famiglia Cissonia – sono stati effettuati anche in località Calmazzo, presso la gola del Furlo.
Sembra che il nome Forum Sempronii sia derivato dalla gens Sempronia, cui appartenevano anche i tribuni Tiberio e Caio Gracco.
La città fu municipium nel I sec. a.C. e godette di una notevole floridezza nei primi secoli dell'impero, sopravvivendo fino al VI secolo d.C., epoca in cui è testimoniata la presenza di un vescovo e di una basilica paleocristiana dedicata ai Santi Lorenzo e Ippolito. 
La guerra greco-gotica fu particolarmente devastante lungo la valle del Metauro (e la Via Flaminia), di cui i Bizantini vollero mantenere a tutti i costi il possesso per garantire il collegamento tra Ravenna, capitale del loro esarcato, e Roma. Forum Sempronii scomparve, ma un nuovo centro rinacque sulla collina di San Aldebrando, dove oggi si stende l'abitato.
Sotto i Bizantini la città fece parte della Pentapoli Annonaria, ma nel 570 i Longobardi la distrussero. 
Le rinascita di Fossombrone dovette essere molto lenta e la popolazione fu a lungo concentrata nell'area dell'attuale Cittadella intorno alla cattedrale di Santa Maria Maggiore.
Nel 999 passò sotto il dominio della Chiesa. 
- Dagli Este ai Malatesta 
All'inizio del Duecento Fossombrone diventò feudo dei ferraresi Este, i quali per salvaguardare questo loro dominio dalle mire espansionistiche dei signori circostanti, nel 1228 ne affidarono il governo al vescovo Monaldo.
Nel XIII secolo si costituì il Comune, che nel 1292 era tanto prospero da poter realizzare un grande ponte di pietra a cinque arcate sul Metauro.
Nuovi quartieri – San Maurenzo e Santa Maria – sorsero a poco a poco sotto la Cittadella, giungendo sino alla Via Flaminia, mentre fu costruito un più ampio giro di mura e si iniziò la costruzione della Rocca, sulla sommità del colle. 
Nei primi decenni del XIV secolo la città cadde sotto i Malatesta, che ne ressero le sorti per circa un secolo attraverso il ramo di Giuliozzo e i suoi discendenti, che risiedevano in città.
Verso la fine del Trecento fu aggregata alla signoria pesarese di Malatesta de' Malatesti (1371-1429).
Il successore di quest'ultimo, Galeazzo, nel 1445 vendette Fossombrone a Federico di Montefeltro, duca di Urbino. 
La florida economia di Fossombrone  si basava sulla produzione di lana, cuoio, seta (con il mercato dei bozzoli) e carta bambagina, nonché sulla molitura di grano e altri cereali.
Alcune di queste attività richiedevano l'acqua del Metauro, o la forza motrice da essa prodotta, perciò furono impiantate a ridosso o nei pressi del fiume.
Il tratto di Via Flaminia (oggi Corso Garibaldi) più prossimo al Metauro ospitava numerosi laboratori artigianali, botteghe e banchi di ebrei che prestavano denaro.
Il suo doppio porticato, formatosi a partire dal XIV secolo, caratterizza ancora oggi la cittadina.
Alla fine dello stesso secolo fu costruita la chiesa di Sant'Agostino, che sarebbe stata ampliata nel Settecento. 
- Dai Montefeltro ai Della Rovere 
Con il passaggio ai Montefeltro iniziò per Fossombrone un periodo di prosperità economica ed espansione edilizia che sarebbe durato fino all'estinzione del ducato di Urbino (1631).
Federico fece costruire una sua residenza a Fossombrone, la Corte Alta, dotandola di un cortile d'onore, di una sala del trono, di un grande giardino pensile e, nelle vicinanze, di un parco di caccia.
Il figlio Guidubaldo I (1472-1508) vi risiedette a lungo facendo costruire la Corte Bassa, con porticato e portale a bugnato piatto.
In questo periodo fu anche edificato, su disegno di Francesco di Giorgio Martini, il bel palazzo vescovile su moduli rinascimentali.
In seguito la Corte Alta fu abbandonata e i duchi Della Rovere stabilirono la propria residenza forsempronese in due corpi di fabbrica uniti da un alto ballatoio coperto detti Corte Rossa e Corte Bassa.
La duchessa Eleonora Gonzaga, moglie di Francesco Maria I, soggiornò per lungo tempo e morì in questo palazzo.
Il figlio, cardinale Giulio Della Rovere (1535-1578), ne fece una splendida dimora rinascimentale con una cappella privata decorata dal Brandani.
Nel 1591 Fossombrone contava 3700 abitanti.
All'inizio del Seicento vi fu edificata la chiesa di San Filippo.
- Dalla fine del ducato a oggi
Con la “devoluzione” del ducato alla Santa Sede gli ebrei dovettero lasciare la città e l'economia risentì della carenza di credito; molte attività decaddero anche se la trattura della seta continuò a rivestire un ruolo di primo piano.
La cittadina ospitava ancora famiglie nobili che disponevano di ricchi palazzi come i Passionei, da cui provenne il colto cardinale Domenico Passionei (1682-1761), i Sabbatelli, i Cattabeni, gli Staurenghi  e altri.
Nella prima metà del Seicento si affermò il notevole pittore forsempronese  Giovan Francesco Guerrieri (1589-1657), formatosi a Roma e influenzato dal Caravaggio, le cui opere sono presenti in diverse chiese (la Cattedrale, San Francesco, Sant'Agostino) della sua città natale. Intorno al 1780 la Cattedrale fu ricostruita in forme neoclassiche dall'architetto Cosimo Morelli, mentre radicali interventi vennero eseguiti nella chiesa di S. Aldebrando.
Fino al XIX secolo le varie filande (Simili, “del Paradiso” e “del Giardino”) ebbero un notevole peso nell'economia locale.
Tra i grandi artisti, studiosi e letterati nati a Fossombrone va ricordato il pittore Anselmo Bucci (1887-1955), vicino alle avanguardie di inizio Novecento, le cui opere sono oggi esposte nella bella Casa Museo e Quadreria Cesarini.
Il Museo Civico Archeologico e Pinacoteca “A. Vernarecci”, ospitato nella Corte Alta, e la Biblioteca Passionei, fondata nel 1784, completano il quadro delle istituzioni culturali forsempronesi.
 
Altre curiosità
Un «luogo distinto e primario» in Italia e «nel Mondo»: la seta di Fossombrone
La produzione di seta greggia è attività per la quale la città di Fossombrone già nel XVIII secolo era rinomata nello Stato Pontificio e all'estero.
L'appellativo «di Fossombrone» applicato alla seta arrivò ad essere utilizzato, nell'Ottocento, per indicare, nelle principali piazze europee ed in particolare nel mercato londinese, il semilavorato prodotto anche in altre zone delle Marche.
Nella località marchigiana, nel cui territorio si contavano, alla fine degli anni Venti dell'Ottocento, poco più di ottomila abitanti, la lavorazione della seta aveva iniziato a sostituirsi a quella della lana - in piena decadenza nel XVIII secolo - fin dal Cinquecento; la produzione di seta greggia aveva avuto in seguito un repentino sviluppo nel corso del Settecento.
Superata la crisi dell'età napoleonica, quando era stata sottratta la possibilità di commerciare con l'Inghilterra, verso cui il mercato della seta greggia forsempronense era prevalentemente orientato, la produzione aveva ripreso vigore.
La città era ancora, negli anni Venti dell'Ottocento, il maggior centro serico delle Marche.
La Statistica Industriale e Manifatturiera del 1824 diede conto di 494 caldaie - bacinelle, attive in città, distribuite tra 19 filandai più importanti, per ciascuno dei quali si contavano tra le 8 e le 55 bacinelle e lavoravano tra i 31 e i 176 inservienti - e di diversi altri piccoli produttori.
La sola trattura della seta impiegava 1710 addetti, per la maggior parte donne; altri 378 inservienti - 350 donne e 28 fanciulli - erano impiegati nella filatura dei cascami e nella tessitura.
Di un certo interesse sembrano alcune annotazioni rilevabili dai moduli dei «quesiti, e risposte relativamente all'Industria manifatturiera» posti a ciascuno dei produttori all'atto di raccogliere i dati per la Statistica: nelle risposte date dai più importanti filandai alla domanda circa «Dove precisamente si spacciano i Prodotti della Fabbrica» si leggeva che la «seta grezza subblime […] si spedisce interamente a Londra»; coloro che davano conto di una produzione più limitata dichiaravano di vendere la seta sublime «in parte […] in Paese, o in Fiera di Sinigallia a Commercianti che la spediscono a Londra».
Gli stessi produttori, quindi, in buona parte dei casi, si occupavano della commercializzazione della seta ed intrattenevano rapporti diretti con l'estero o, quando ciò non avveniva, si avvalevano di circuiti che avevano il loro fulcro proprio in città.
«Si resta meravigliati» - si leggeva in un «Rapporto» allegato ai dati rilevati nel 1824 sulla trattura della seta nella città di Fossombrone - «come nel piccolo di lei circuito possa combinarsi nel periodo di tre mesi un consumo di circa sessantamila libre di Bocci; una Fabbricazione di libre cinquantamila Seta Reale, e libre mille e cinquecento Doppi, e Fiappe, un impiego di oltre millesettecento Individui, un impronto di circa scudi cento sessantamila».
La maggior parte della popolazione attiva della città era dunque occupata nella produzione di seta greggia, ed il commercio di tale prodotto, che fino alla fine del XIX secolo era organizzato direttamente da Fossombrone, muoveva grossi interessi.
Nel «Rapporto» del 1824 si osservava che la rapidità dello sviluppo dei decenni precedenti aveva fatto sì che vi fossero delle disconnessioni nel processo produttivo: in particolare, alla presenza di una serie di fattori favorevoli non si affiancava, sul piano tecnico, la disponibilità di attrezzature adeguate; non era abbastanza sviluppata la lavorazione dei cascami - mancavano, perché lo fosse, cardi, telai, «incoraggiamenti» - le sete non venivano orsogliate, sarebbe stato necessario stimolare la costruzione di bigattiere - i locali attrezzati per l'allevamento dei bachi - «all'uso di Dandolo» e, soprattutto, vi era bisogno «di un piano, e di regolamenti diretti a stabilire un ordine più proprio per ben condurre, e con conformità le molteplici molle, che agiscono per l'andamento di questa gran Machina».
Alle deficienze sul piano tecnologico si sarebbe parzialmente posto rimedio negli anni successivi: ad esempio, fu proprio a Fossombrone, che nel 1839, venne impiantata la prima filanda a vapore delle Marche ad opera dell'amministrazione della casa ducale di Leuchtemberg, proprietaria, tra l'altro, di numerose piantagioni di gelsi in tutto il territorio circostante.
Per quanto riguarda invece le carenze sul piano normativo che impedivano il buon funzionamento della «gran Machina» fossombronate non furono approntati regolamenti diretti a stabilire l'«ordine più proprio» auspicato da coloro che avevano steso la relazione.
In particolare, per quanto riguarda la trattura, non venne formalizzata alcuna disposizione tesa a regolamentare il mercato del lavoro, né si poteva contare sull'esistenza di consuetudini che fossero lascito di disposizioni statutarie di epoche precedenti.
Alla rapida espansione produttiva del Settecento - che pure aveva portato alla imposizione o alla ridefinizione di diverse gabelle sulla introduzione in città e sulla vendita dei bozzoli o sulle bacinelle di trattura - non si era infatti accompagnata la costituzione di un'Arte della seta o di un apparato normativo relativo all'organizzazione del lavoro.
La trattura della seta, nata e disordinatamente sviluppatasi a Fossombrone all'ombra del commercio dei bozzoli, si era diffusa non nelle campagne circostanti, dove il contratto di mezzadria avrebbe garantito una qualche forma di disciplinamento della manodopera, ma nel centro urbano.
Nella seconda metà dell'Ottocento, ferma restando la fama del prodotto fossombronate, fu Jesi ad imporsi come capitale della seta marchigiana, grazie all'utilizzo di strutture più moderne e ad una certa duttilità che si manifestò anche con la creazione di un grande impianto per la cardatura e la filatura dei cascami.
L'industria serica di Fossombrone non riuscì invece ad allargarsi oltre la fase della trattura, ed anzi, la lavorazione dei cascami, limitatamente diffusa negli anni Venti dell'Ottocento, finì per scomparire definitivamente.
L'originale figura del «mercante di seta» fossombronate degli anni Venti dell'Ottocento, si venne ridefinendo.
La trattura della seta di Fossombrone prese quindi a seguire la parabola del setificio marchigiano, e, più in generale, con l'unificazione del mercato, le sorti di quella nazionale.
L'ultima filanda della città cessò l'attività nel 195324.
La limpidezza dell'acqua del Metauro, cui veniva attribuita la capacità di rendere la seta particolarmente lucida, la qualità dei gelsi del territorio circostante, l'abilità della manodopera impiegata, sono tra i principali motivi - identificati come tali anche dai contemporanei - che fecero di Fossombrone un centro di produzione rinomato.
Essi permettevano al Gonfaloniere a agli anziani della città di affermare che la località meritava «un luogo distinto e primario, non solo frà tutte le città d'Italia, ed Europa ma eziandio […] frà tutte quelle del Mondo».
Quando, nel 1775, il Tesoriere generale Guglielmo Pallotta si preparava ad intraprendere il suo viaggio di ricognizione attraverso il territorio dello Stato Pontificio, molte furono le aspettative di incoraggiamenti e di investimenti statali dei produttori foresempronensi.
Secondo le parole di un osservatore contemporaneo, essi intendevano «far costare il danno e il pregiudizio che ridonda alla Santa Sede in dar via agli Inglesi le nostre sete greggie a vil prezzo, per ricomprarle poi orsogliate e lavorate a carissimo prezzo».
Il tentativo degli intraprendenti filandai foresempronensi di acquisire il controllo di ulteriori fasi del processo produttivo con l'ausilio delle autorità, fallì.
La visita del Pallotta, le osservazioni del quale diedero origine ad una serie di non sempre felici iniziative per incentivare la manifattura della seta, non sembra infatti avere prodotto nessun intervento di rilievo per Fossombrone o che soddisfacesse le richieste dei mercanti.
Quello che tuttavia ci interessa in questa sede sottolineare è il fatto che nel diario di viaggio il Pallotta osservava che «la città di Fossombrone è assai rinomata per la bellissima seta, che si cava dai Bocci di quei Paesi».
Come prima delle ragioni della «finezza e perfezione» di quella seta Pallotta indicava la buona qualità delle foglie dei mori gelsi; subito dopo il Tesoriere ricordava però anche l'abilità delle maestre: «le Donne di Fossombrone sono le maestre più abili di tutto lo Stato Pontificio per cavare la seta dai Bocci», capaci di lavorare un prodotto che, pur non arrivando alla perfezione delle sete di Torino e di Lione, era di ottima qualità.
L'osservazione del Tesoriere Pallotta è solo uno dei molti accenni all'importante ruolo svolto dalla manodopera, ed è, tra l'altro, indicativa di come fosse stata trasmessa anche alle autorità centrali la consapevolezza del fatto che l'abilità delle maestre foresempronensi le rendeva bene prezioso.
Tanto ne furono consapevoli le classi dirigenti che arrivarono ad emanare disposizioni legislative atte ad impedirne la emigrazione.
Le «filatrici» (1085) costituivano il 63% della manodopera impiegata.
Gli uomini erano utilizzati per mansioni pesanti e lavoravano per meno giornate.
Per quanto riguarda la località marchigiana in esame, la storia delle organizzazioni sindacali e politiche delle operaie delle filande e la figura sociale della filandaia sono state studiate dallo storico della città, prof. R. Savelli, Filande e filandaie a Fossombrone. Segmenti di storia dell'industria serica.
La libbra di Fossombrone corrispondeva a circa il 96% di una libbra romana (Kg 0,339).
I «doppi» e le «fiappe» sono bozzoli di qualità scadente; nel primo caso si tratta di bozzoli attaccati insieme, nel secondo di bozzoli rimasti incompiuti per la morte del baco.

Testo a cura di:
Punto IAT - Ufficio Turistico di Fossombrone


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 Photo by:
Toni Pecoraro


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Porti / Aeroporti / Stazioni / Autostrade
(Le distanze sono da intendersi "in linea d'aria".)
Aeroporto di Rimini

40,0 Km.

Aeroporto di Ancona - Falconara

46,1 Km.

Aeroporto dell'Umbria-Perugia

70,5 Km.

Autostrada A14 Fano

21,8 Km.

Autostrada A14 Pesaro - Urbino

23,3 Km.

Autostrada A14 Marotta - Mondolfo

27,4 Km.

Porto di Ancona

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Porto di Ravenna

97,9 Km.

Stazione Fano

24,3 Km.

Stazione Pesaro

25,3 Km.

Stazione Marotta - Mondolfo

27,9 Km.



 Comuni vicino Fossombrone

In grassetto sono riportati i comuni confinanti. Le distanze sono da intendersi "in linea d'aria".
Sant'Ippolito

5,0 km

Isola del Piano

5,3 km

Montefelcino

5,4 km

Cartoceto

8,1 km

Fratte Rosa

9,8 km

Colli al Metauro

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Petriano

12,1 km

Terre Roveresche

12,4 km

Mombaroccio

12,7 km

Mondavio

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