Orario visita:
- 9.30 – 17.30 | Ultimo ingresso alle 16.45
- Giorno di chiusura: martedì
Per informazioni:
- 035 234396 | da lunedì a venerdì
- 035 4122097 | sabato e domenica e festivi
Accademia Carrara è una pinacoteca e una accademia di belle arti che si trova nella città di Bergamo.
L'origine della pinacoteca si deve al conte Giacomo Carrara, mecenate e collezionista con un generoso lascito alla città di Bergamo alla fine del settecento.
Alla morte del conte, nel 1796, tutti i suoi beni furono dati in gestione a una commissarìa a favore dell'accademia che li gestì fino al 1958 quando la gestione passò nelle mani del comune di Bergamo.
Nel 1810 fu costruito un nuovo edificio in forme neoclassiche progettato dall'architetto Simone Elia, allievo di Leopoldo Pollack.
Il museo negli anni ha continuato ad incrementare il proprio patrimonio con acquisizioni e donazioni.
Attualmente possiede 1.800 dipinti dal XV al XIX secolo di artisti quali Pisanello, Botticelli, Bellini, Mantegna, Raffaello, Moroni, Baschenis, Fra Galgario, Tiepolo, Canaletto, Piccio, Giacomo Trecourt, una porzione selezionata dei quali è esposta in permanenza al secondo piano del museo.
Ai dipinti si affiancano una raccolta di disegni e stampe, bronzi, sculture e porcellane, mobili ed oggetti di arredamento e una raccolta di medaglie.
Nel 1793, contemporaneamente alla prima apertura pubblica della propria galleria, il conte Giacomo Carrara volle che nello stesso luogo si iniziassero i corsi di disegno e di pittura.
La scuola è ospitata sino al 1912 nell'edificio ottocentesco che accoglieva anche la pinacoteca dispone attualmente una proprio sede in un edificio adiacente.
Nel 1988 è divenuta Accademia di Belle Arti legalmente riconosciuta.
La sala 1, da cui la visita prende avvio, raduna le opere più antiche della pinacoteca: alcuni esiti nostrani del Gotico internazionale (fine '300 - metà '400), come il corteo nuziale della tempera su tavola di scuola milanese "Trionfo d'amore" (1460 circa), frontale di cassone da dote.
La "Storia di Virginia Romana" e un "Ritratto di Giuliano de' Medici", entrambi del Botticelli (1445-1510), si incontrano nella sala 2, insieme a un prezioso "Ritratto di Lionello d'Este" del Pisanello (1395-1449), un "pieno profilo" dalla linea incisiva e dalla complessa simbologia dei particolari, che evoca la medaglistica romana.
Nella sala 3 e nell'ambiente successivo, si apprezzano alcuni saggi del più classico soggetto dell'iconografia sacra, la "Madonna col Bambino", di cui gli esemplari sommi sono un quadro del Mantegna (1431-1506), due tele di Giovanni Bellini (1430-1516) e una, denominata "Madonna del latte", del Bergognone (1455-1522), significativi dello stile maturo dei loro autori.
Molto consistente, nella sala 6, il gruppo di opere di Lorenzo Lotto (1480-1556); tra le tappe obbligate della pinacoteca, il magistrale "Ritratto di Lucina Brembati".
Dello stesso autore, meritano uno sguardo attento le "Nozze mistiche di Santa Caterina", composizione sacra dal ritmo fluente e dai sottili giochi di luce, presente nella stessa sala, come anche i sublimi "Orfeo ed Euridice" e "Madonna col Bambino in un paesaggio" di Tiziano Vacelio (1488/90-1576).
A firma Raffaello Sanzio (1483-1520) si conserva il "San Sebastiano" (sala 7), stupendo per serenità idealizzata dei lineamenti del volto, trasfigurati in un'aura di beatitudine ultraterrena.
Più oltre, nella sala 9, la fanciulla effigiata in tutta la sua infantile bellezza (pur se ingioiellata, in abiti eleganti e in posa aristocratica) del "Ritratto di Bambina di casa Redetti" del Moroni (1523-1578) è soggetto facilmente confrontabile con il "Ritratto di bambina" di Velazquez (1599- 1660), in sala 13, caratterizzato da una pennellata più agile e da una freschezza d'atmosfera un poco sfocata ed evanescente.
Seguono in sala 10, un Dürer (1471-1528) scurissimo e un piccolo dipinto di Pieter Brueghel il Vecchio (1530-1569).
Per arrivare alla pittura del '600 (sala 11) occorre quindi tornare alla sala 1, superare il pianerottolo e proseguire nell'ala corta dell'edificio.
Qui, tra gli altri, campeggia "Il bagno di Diana" del Guercino (1591-1666), dove il nudo femminile si coniuga con una visione paesaggistica di tipo pastorale.
Si affaccia quindi sulla sala 12, dove protagonista è il ritratto lombardo nel '700 (soprattutto con Fra' Galgario), un nucleo di piccole salette recanti alcuni esempi di pittura barocca di genere, come la meticolosa natura morta "Strumenti musicali" di Evaristo Baschenis (1617-1677), e la squisita profusione vegetale della "Flora" del Procaccini (1571-1630), tela ispirata alla "Gioconda nuda" di Leonardo.
Il successivo capolavoro è la "Santa Domitilla" di Rubens (1577-1640) (sala 13), pensata dal pittore in una posa meditabonda.
Il "Canal Grande da Palazzo Balbi" del Canaletto (1697-1768) (sala 15), si segnala invece come il quadro della collezione che, insieme ad altre opere del Bellotto e del Guardi, meglio testimonia della felice stagione del Vedutismo veneto del '700.
Piacevoli sorprese sono infine riservate dalla sezione distaccata, con la pittura dell'800, posta a pianterreno del complesso museale, in cui spiccano le tele "Caterina Comaro" di Hayez (1791-1882), dagli splendidi colori accesi ed eleganti, il curioso "Ritratto di Anastasia Spini" di Giovanni Carnovali detto Piccio (1804-1874) e un drammatico "Paolo e Francesca" di Gaetano Previati (1852- 1920), intelligentemente giocato sull'equilibrio precario del corpo accoltellato dell'uomo, appoggiato sopra a à quello di lei sull'esatta diagonale della tela.