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Palazzo Bentivoglio  Gualtieri

Visitare Gualtieri - Cosa vedere in Emilia Romagna


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PALAZZO BENTIVOGLIO

»Piazza Bentivoglio
Gualtieri
»Regione: EMILIA ROMAGNA - ITALIA

Mappa Palazzo Bentivoglio - Gualtieri

 Mappa / Come arrivare:

GPS / Coordinate geografiche
44°54'17.89" N - 10°37'50.05" E
Decimale: 44.90497 - 10.63057

0,05 Km. dal centro di Gualtieri
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PALAZZO BENTIVOGLIO - cosa vedere nel Comune di Gualtieri (Emilia Romagna)

Come fondale orientale della piazza si erge nella sua imponenza Palazzo Bentivoglio.
Fu eretto da Ippolito, che vi inglobò la "Casa Vecchia" del padre Cornelio, su progetto di Gian Battista Aleotti detto l'Argenta, tra il 1594 e il 1608.
Ora del palazzo resta solo la fronte principale, mentre in origine l'edificio era costituito da quattro facciate in cotto lunghe circa 90 metri, chiuse agli angoli da quattro torri, di cui ne restano solo due.
Nel 1750 gli Este vendettero il Palazzo al Comune di Gualtieri, il quale ne demolì tre lati per ricavarne materiale per rinforzare le difese nell'alveo del Po e chiudere una chiavica sistemata sull'argine dietro al palazzo.
Nel 1765 il Po ruppe l'argine maestro proprio in quel punto provocando una disastrosa alluvione.
Sul fronte principale del palazzo si trovano i maggiori ambienti di rappresentanza, di cui all'esterno si eleva la mole del salone dei Giganti, che occupa tutto il volume centrale a doppia altezza.
Un vigoroso cornicione divide in due parti la facciata cercando di equilibrare la materica e possente massa del palazzo con la raffinata scansione del resto della piazza.
I tre archi di facciata sono frutto di un intervento dei primi anni del XX secolo.
Originariamente l'ingresso era uno solo, posto al centro, da cui si accedeva a un androne, a un portico che circondava il cortile e infine allo scalone sistemato a nord.
Dopo l'acquisto da parte del comune di Gualtieri dal 1751 in poi, gli ambienti del Palazzo furono adibiti a vari usi: magazzino e ammasso per il grano, scuole elementari, ospedale per i militari della 1° guerra mondiale, abitazioni per poveri, laboratori artigianali, teatro civico, ecc., suddividendo i vari ambienti con superfetazioni, eliminate a metà degli anni settanta, quando il Palazzo fu oggetto di un vasto restauro, a cura dell'arch. G. P. Cuppini.

La cappella gentilizia
Terminata entro il 1605 e dipinta entro il 1610, data in cui fu consacrata.
La bella decorazione plastica copre tutta la cappella, in stile corinzio, con angeli su festoni di frutta e girali d'acanto in altorilievo.
Sui pilastri e sulla controporta d'ingresso si trovano gli stemmi dei Bentivoglio: una sega rossa in campo d'oro.
Nelle lunette del soffitto, con volta a padiglione, sono affrescate otto scene della vita della Madonna, che trovano compimento nell'ottagono centrale con la scena dell'Incoronazione.
Non si conoscono gli autori della decorazione pittorica, ma si deduce l'influsso della scuola ferrarese tardo-manieristica, della più moderna scuola bolognese e del cromatismo veneto, forse di ispirazione mantovana.
È probabile un intervento dello Schedoni nella scena centrale.
Nel 1649 la volta fu danneggiata da una palla di cannone spagnolo.

Sala dell'Eneide
Dipinta tra il 1609 e il 1610, è l'attuale sala d'ingresso al primo piano e la prima delle sale dedicate alla storia di Roma.
Il fregio, raccordato al perduto soffitto, già distrutto nel 1649, da una finta cornice a modiglioni e scandito da mensole con figure di putti, è composto da sedici scene in monocromo viola e giallo, tratte dal VII al XII libro dall'Eneide.
Delle sedici scene originarie del fregio due sono andate perdute a causa dell'apertura delle finestre e quattro presentano solo deboli tracce di pittura.
In queste scene, che si riferiscono al mito di Enea, gli dei olimpici sono ancora in contatto con gli uomini, mentre nelle altre sale la loro presenza si manifesta solo con prodigi.
Alcune scene e alcuni putti sono da riferirsi allo stile di Sisto Rosa (Badalocchio),
della scuola di Annibale Carracci.

Sala di Giove
La sala prende il nome dal soggetto del dipinto centrale del soffitto, dove Giove bambino è affidato alla ninfa Melissa, secondo la IV ecloga delle Georgiche di Virgilio.
Anche in questa stanza, dipinta tra il 1609 e il 1610, la decorazione si sviluppa su di un fregio suddiviso in dodici scene in monocromo grigio, giallo e verde, tratte dai primi libri dell'opera di Tito Livio "De Urbe Condita", in cui si racconta il mito della fondazione di Roma i cui protagonisti sono Romolo e Remo e le Sabine.
Ogni scena è separata da finti mensoloni con coppie di cariatidi, festoni e mascheroni in monocromo grigio.
Le scene non si susseguono secondo l'ordine del testo, ma probabilmente sono in relazione con le figure del soffitto.
Un cornicione ligneo a dentelli raccorda il fregio al soffitto, suddiviso in cassettoni ottagonali, quadrati e trapezoidali, le cui cornici sono decorate a girali d'acanto e maschere.
Gli ottagoni sono un'allegoria del potere signorile proveniente direttamente da Dio, il cui ordine coinvolge la natura, l'anima e l'esistenza stessa del mondo (Platone, "La Repubblica", Virgilio, "Georgiche").
Il repertorio iconografico negli sfondati trapezoidali in monocromo rosso, rappresenta le Storie di Ercole, che fanno da raccordo e da commento allegorico agli ottagoni e alle scene del fregio.
Con molta probabilità lavorò Sisto Badalocchio.
In questa sala è allestito il "Museo Antonio Ligabue".

Sala di Icaro
Dipinta tra il 1609 e il 1610, il fregio di questa Sala continua la storia della fondazione di Roma con dodici scene sempre tratte da Tito Livio, relative ai regni di Tullio Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo.
I riquadri, in monocromo viola e giallo alternati, sono separati da mensole con festoni e coppie di putti appoggiati a imprese allegoriche.
Del soffitto sono superstiti, a parte i putti angolari, solo tre cassettoni esagonali, molto danneggiati, di cui in uno si riconosce la "Caduta di Icaro", da cui il nome della sala e in un altro "Cimone e Pero".
In questa Sala è allestita l'esposizione permanente della "Donazione Umberto Tirelli".

Il Salone dei Giganti
E' la sala più rappresentativa del palazzo. Un tempo vi si accedeva dalla grande porta sul lato orientale, ora murata.
L'interno fu affrescato tra il 1619-23, con 28 scene tratte dalla "Gerusalemme Liberata" di Torquato Tasso, inserite in una grande quadratura architettonica.
Il ciclo di affreschi è suddiviso in quattro registri.
In alto un lungo fregio ospita 22 allegorie in monocromo, alternate a panoplie, che alludono alle virtù, alla magnificenza, alle arti e alla cultura del marchese Enzo Bentivoglio.
Il fregio è sormontato da un finto cornicione a dentelli, che a sua volta fingeva di reggere il soffitto a cassettoni, ora scomparso.
Nel secondo registro una serie di 26 telamoni seminudi policromi, che sorreggono il fregio, cadenzano alcune scene della Gerusalemme Liberata incorniciate da finti stucchi e dipinte in monocromo verde, amaranto, viola e giallo.
Nel terzo registro sono illustrati altri episodi del poema, in parte visibili nei sovrapporta, anticipati da putti in finto stucco che reggono gli stemmi dei Bentivoglio e in parte nascosti da quattro grandi quadri in tromp l'oeil, che a loro volta avrebbero dovuto rappresentare i Fasti della famiglia Bentivoglio.
Nel quarto registro, a livello del pavimento, sono affrescate sei finte porte e da sotto i quadri emergevano otto plinti con statue di imperatori romani, di cui se ne conservano solo sei.
Il salone fu affrescato, adiuvato da un'equipe di pittori, da Pier Francesco Battistelli, di origine ferrarese e in gioventù collaboratore del Guercino.
La struttura decorativa risente della maniera della bolognese scuola dei Carracci e di Guercino.
Mentre i due quadri dei Fasti, furono realizzati nel 1628 da Giovanni Mannozzi da San Giovanni, pittore aretino e operante a Roma.

Sala dei Falegnami
Al piano terra del palazzo si trova la Sala dei Falegnami, così chiamata per la presenza in passato di un laboratorio di falegnameria, ora adibita a spazio espositivo e sala conferenze.
Della ricca decorazione di questa sala resta superstite la "Buona Fama", dipinta nel soffitto da Sisto Badalocchio.

il Teatro
Nell'ala nord del palazzo, dal 1775, dove era sistemato il quartiere del Chirurgo, fu innalzato il primo teatro pubblico di Gualtieri, il "Teatro Principe", gestito da dilettanti del luogo.
Il progetto fu redatto da Gian Battista Fattori in stile barocco, con due ordini di palchi.
Nel 1905 fu fondata la "Società Teatrale"e, demolendo il vecchio teatro settecentesco, si eresse il nuovo Teatro Sociale ampliato in larghezza e in altezza.
I vecchi palchetti di legno furono sostituiti da quelli attuali in ghisa in tre ordini.
Nel 1912 si ampliò anche il palco demolendo parte del vecchio scalone secentesco.
Dal 2009 il Teatro Sociale è gestito da un gruppo di giovani che aprono una stagione estiva.


Il testo in italiano è tratto da:

  • brochure “Benvenuti a Gualtieri”
    a cura del Comune di Gualtieri


"Palazzo Bentivoglio" è una delle attrazioni turistiche da vedere nel Comune di Gualtieri.
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