Tricarico, città arabo-normanna, come indicata dalla segnaletica stradale, è un'antica cittadina situata nel cuore della Lucania interna, ricca di monumenti e protagonista di una storia millenaria, intrecciata, da un lato, con la diocesi di cui è sede sin dal X secolo, e, dall'altro, con la cultura delle genti che l'hanno popolata.
Sebbene di antichissima origine (testimonianze archeologiche risalenti al VI-V secolo a.C. sono state ritrovate nel rione Cappuccini, nei pressi del cinquecentesco monastero di Santa Maria delle Grazie), le prime notizie documentate la riportano come cittadella longobarda nell'849, poi roccaforte araba, quindi città fortificata bizantina (kastron) e poi contea della potente famiglia normanna dei Sanseverino.
Nel '400 vide la presenza di una consistente comunità ebraica e, nel '500, di una comunità albanese.
Culture distanti, anche da un punto di vista religioso che qui hanno trovato un favorevole punto di incontro e di sviluppo, testimoniato non solo attraverso l'arte e l'architettura ma anche attraverso un modo sapiente di utilizzare il territorio nel rispetto della natura.
Un esempio di straordinaria rilevanza, anche storica, sono gli orti e giardini terrazzati, di origine araba ed ancora oggi in uso, realizzati a ridosso della città verso il vallone del Milo rendendo fertili, così, terreni scoscesi altrimenti brulli ed improduttivi.
Le favorevoli vicende storiche e culturali che l'hanno caratterizzata, hanno fatto di Tricarico un centro di primaria importanza, tanto da essere l'unica città lucana ed una delle pochissime dell'intero meridione, ad essere raffigurata nella prestigiosa opera di G. Braun e F. Hogemberg "Theatrum Urbium Praecipuarum Mundi" pubblicata a Colonia nei primi anni del '600.
Innumerevoli le emergenze architettoniche:
L'imponente cattedrale di Santa Maria Assunta, voluta da Roberto il Guiscardo, nella quale, nel 1383, Luigi I d'Angiò fu incoronato re di Napoli, le numerose chiese (nel 1585 ve n'erano ben 52, di cui 13 parrocchiali), alcune delle quali interamente affrescate, i conventi (Sant'Antonio di Padova, Santa Chiara, Santa Maria del Carmine, San Francesco d'Assisi, Santa Maria delle Grazie), la maestosa torre normanna che è un vero e proprio gigante di pietra di 27 metri e con pareti spesse anche oltre 5 metri, la torre della Saracena, la torre della Ràbata, le porte della città fortificata (Fontana, duecentesca e che ancora conserva i cardini in pietra di alloggiamento del portone, del Monte, della Ràbata, della Saracena, delle Beccarie), il palazzo ducale e il museo archeologico ivi ubicato, i palazzi nobiliari.
Cattedrale - stucchi settecenteschiI suoi vasti boschi e la natura ben conservata fanno da cornice a diverse aree archeologiche: Piano della Civita (città lucana del IV secolo a.C.), Calle (insediamento romano, con impianto termale), Serra del Cedro (città lucana del VI secolo a.C.), Sant'Agata (villa romana con pavimento mosaicato policromo), sono solo tra le più importanti.
Le strade e vicoli del centro storico sono caratterizzati da un diverso andamento a seconda che ci si trovi nei quartieri arabi della Ràbata e della Saracena (a struttura labirintica, con strade principali, "shari" in arabo, da cui si dipartono strade secondarie, "darb", che spesso si concludono in vicoli ciechi "zouquaq") o nei quartieri normanni del Monte e del Piano (a pianta regolare, con strade principali parallele unite perpendicolarmente da vicoli per lo più gradinati ed a forte pendenza).
L'origine del suo nome è, finora, sconosciuta ed al riguardo sono state fatte solo ipotesi non suffragate da elementi concreti: alcuni ritengono possa derivare dal greco treis = tre ed akros, akris = vetta, monte, vertice, ossia "città dalle tre vette", altri dal greco treis kari kora o treis kariaris, da intendersi come "città delle tre grazie" o "città graziosa", altri ancora la associano al basso latino trigarium (stazione di posta per il cambio o il maneggio dei cavalli).
In realtà, le tombe del VI-V secolo a.C. ritrovate nei pressi del convento di Santa Maria delle Grazie, rendono plausibile un toponimo di più antica origine, da ricercare, probabilmente, nella lingua osca, in uso alle genti autoctone.
Personaggi illustri:
- Rocco Scotellaro (1923-1953), poeta.
Un percorso letterario, a lui dedicato, è stato allestito dalla locale Pro Loco con una selezione di sue poesie riportate su pannelli lignei, collocati lungo le strade ed i vicoli del centro storico, che consentono al visitatore di leggere i componimenti nei luoghi che hanno ispirato l'autore.
- Rocco Mazzarone (1912-2005) Nato a Tricarico (Mt) il 17 agosto 1912.
Medico, specializzato in tisiologia e malattie polmonari presso l'Università di Milano, ha insegnato statistica medica nella facoltà di medicina all'Università di Bari durante gli anni 1969-1982.
È stato uno dei maggiori intellettuali della Regione.
Amico di Rocco Scotellaro, Carlo Levi e Manlio Rossi-Doria, ha rappresentato il punto di riferimento di tutti gli studi italiani e stranieri condotti in regione nel secondo dopoguerra, da quelli etnografici di Ernesto de Martino, alle indagini dello storico americano George Peck, ai reportage fotografici di Henri Cartier-Bresson.
- Raffaello delle Nocche (Marano 1877 - Tricarico 1960) Servo di Dio.
Venne nominato vescovo di Tricarico nel 1922, sede che non volle abbandonare per il resto della sua vita.
Figura di grande levatura morale, lavorò molto in ambito sociale.
Fondò a Tricarico una congregazione di suore, le Discepole di Gesù Eucaristico, fondò scuole, favorì l'operato del prelato don Pancrazio Toscano per il recupero della chiesa e del convento di Sant'Antonio di Padova a Tricarico, ove fu costituito un istituto di ricovero per anziani e diseredati, mise a disposizione una parte del palazzo vescovile per farvi insediare l'allora costituendo Ospedale Civile di Tricarico (raro esempio di istituzione sanitaria fondata da una cittadinanza, retta, per i primi sette anni, esclusivamente con i liberi contributi della Comunità Tricaricese).
Il suo corpo riposa nella Cattedrale di Tricarico.
Le maschere di Tricarico (semplicemente "L' màsh-k-r" nel dialetto Tricaricese), costituiscono un prezioso retaggio di culture ancestrali, legato, si ritiene, a riti di fertilità. Mucche e tori, impersonati da uomini (la partecipazione è interdetta alle donne) rappresentano una mandria in transumanza nella quale i partecipanti mimano l'andatura ed i movimenti degli animali, comprese le "prove di monta" dei tori sulle vacche.
La maschera da mucca è costituita da un cappello a falda larga coperto da un foulard e da un velo e riccamente decorato con lunghi nastri multicolori che scendono fino alle caviglie; la calzamaglia indossata (o, in alternativa, maglia e mutandoni di lana) è anch'essa decorata con nastri o foulards dai colori sgargianti al collo, ai fianchi, alle braccia ed alle gambe.
La maschera da toro è identica nella composizione ma si distingue per essere completamente nera con alcuni nastri rossi.
Ogni maschera ha un campanaccio, diverso nella forma e nel suono a seconda che si tratti di mucche o di tori.
All'alba del 17 gennaio, giorno dedicato a Sant' Antonio Abate, protettore degli animali, è usanza che i fedeli, insieme ai propri animali per i quali si invoca la benevolenza del Santo e che per l'occasione vengono agghindati con nastri,collanine e perline colorate, compiano tre giri intorno alla chiesa a lui dedicata per poi ricevere, dopo la messa, la benedizione da parte del prete.
Lo stesso rituale è osservato dalla mandria, prima di muoversi verso il centro storico e percorrerne tutti gli antichi rioni.
La sfilata delle maschere si ripete l'ultima domenica prima della chiusura del carnevale.
È un rito collettivo, nel quale anche il semplice spettatore si trova coinvolto, catturato, da immagini e suoni che balzano dalla notte dei tempi.
L'area archeologica della Civita è un sito archeologico situato in località Civita.
Il sito comprende un centro fortificato che si estende per circa 50 ettari e che è dotato di tre cerchie murarie concentriche in pietra a blocchi squadrati, munite di porte monumentali.
All'interno, alcune abitazioni presentano pavimenti mosaicati.
Sull'acropoli cittadina sono situati una domus e un tempietto del I secolo AC, testimonianza dell'adesione al modello romano dopo la conquista.
Nei pressi è una delle porte monumentali della città.
Le mura di fortificazione sono costruite secondo canoni consolidati: un paramento esterno ed uno interno realizzato con "conci" squadrati e lo spessore tra i due paramenti riempito con materiale lapideo, il c.d. "emplekton".
Il sito di Piano della Civita desta grande interesse tra gli studiosi poiché si è rivelato un insediamento molto più grande di quanto non siano gli altri insediamenti lucani conosciuti.
Si ipotizza, per questo, che dovesse avere una funzione di primaria importanza ed essere punto di riferimento di un territorio molto vasto.
Testo a cura di:
Rocco Stasi