La chiesa di San Bernardino alle Ossa è una chiesa di Milano.
Citata in passato anche come San Bernardino ai Morti, la chiesa è conosciuta per il suo ossario, le cui pareti sono per gran parte ricoperte da ossa a formare vere e proprie decorazioni.
La facciata deve il suo aspetto al progetto del 1679 di Andrea Biffi: il fronte presenta un aspetto decisamente più somigliante ad un edificio civile che non ad uno religioso, ed è diviso in cinque partiture verticali scandite da lesene e tre orizzontali scandite da fasce marcapiano.
L'ordine inferiore presenta due portali con fastigi spezzati a volute, con all'interno del timpano statue di San Bernardino da Siena e San Sebastiano, mentre la decorazione dei fastigi delle finestre è ripresa da quella dei portali.
L'ordine intermedio presenta finestre decorate con modanature a linee spezzate e conchiglie; l'ultimo ordine presenta finestre con più semplici cornici curvilinee.
Dall'ambulacro (ricavato dalla precedente chiesa) si accede al corpo principale del tempio, salendo alcuni gradini.
In questo atrio si trovano, a sinistra una tela raffigurante “sant'Antonio e san Francesco ai lati di un crocifisso” del pittore Pontoja, e a destra, incassato nella parete, un bassorilievo con l'effigie di sant'Ambrogio risalente al XV secolo.
L'interno presenta pianta ottagonale, semplice, con altari marmorei barocchi e due cappelle laterali.
Quattro balconcini barocchi sono stati realizzati in corrispondenza dei quattro costoloni sostenenti la cupola.
I due balconcini posti sui costoloni d'ingresso erano invece riservati ai nobili od alle autorità che assistevano alla messa, i quali riprendendo lo stile dei balconcini d'onore della Scala.
Nella cappella di destra è dislocato un altare in marmo con una pala raffigurante “Santa Maria Maddalena in casa del fariseo” (opera di Federico Ferrario).
In questa cappella, dal 1768, vi è una tomba di famiglia di alcuni discendenti di Cristoforo Colombo (come cita l'iscrizione «Pietro Antonio e Giovanni di Portogallo Colon Conti della Puela e della Veragua»).
Sulle cornici laterali dell'altare vi sono gli stemmi della famiglia con il motto: «Colon diede il nuovo mondo - alla Castiglia e al Leon».
La cappella di sinistra è dedicata a santa Rosalia con un'opera del Cucchi che ritrae la santa con un angelo.
Ai lati dell'altare in marmo, di buona fattura, vi sono due dipinti eseguiti da Paolo di Caialina (XVI secolo), provenienti dalla demolita chiesa di San Giovanni decollato alle Case Rotte.
Nella nicchia, tra la cappella di sinistra e l'altare maggiore, un dipinto su tavola raffigurante “la Madonna della Passione e santi” (tra cui si distinguono sant'Ambrogio, san Rocco e san Bernardino), del pittore Gabriel Bossius del 1513.
All'altare maggiore vi è un'ancona rappresentante “la Madonna col Bambino” che viene attribuita ad un incerto pittore "Amadei".
Ai due lati, due grandi quadri: a destra “Sant'Ambrogio orante durante la battaglia di Parabiago”, a sinistra “San Carlo che somministra l'eucaristia agli appestati”, dipinti dall'abate Gerolamo Ottolini.
A destra dell'altar maggiore, nel corridoio che porta all'uscita di via Verziere, è presente un grande quadro di G. Manzoni raffigurante san Lucio martire, protettore dei fabbricanti di formaggio (furmagiàtt in dialetto milanese) i quali avevano in questa chiesa la loro confraternita.
Davanti all'altare maggiore vi è una grata da cui si intravedono dieci scalini che portano ad una grande cripta: qui vi è il sepolcreto dei Disciplini.
Ha forma di pentagono irregolare con volte a botte.
Lungo i lati sono disposte ventun nicchie, dalla forma di stalli di un coro, in muratura, su cui venivano adagiati i confratelli defunti, avvolti nel loro saio (simile nelle forme a quello dei francescani), col volto coperto dal cappuccio, senza alcun ornamento, col solo nome scritto su tavolette collocate sul loro capo.
Sulla cantoria alla destra dell'abside, si trova l'organo a canne, costruito da Pacifico Inzoli agli inizi del XX secolo.
Lo strumento, a trasmissione pneumatica, ha due tastiere di 58 note ciascuna ed una pedaliera concava di 27.
La mostra è composta da 29 canne di Principale con bocche a scudo.
Proseguendo lungo uno stretto corridoio, si accede all'ossario, con una volta affrescata nel 1695 da Sebastiano Ricci (Trionfo di anime in un volo di angeli e, nei pennacchi della volta, la gloria dei quattro santi protettori, santa Maria Vergine, sant'Ambrogio, san Sebastiano e san Bernardino da Siena).
Le pareti interne dell'edificio, a pianta quadrata, sono quasi interamente ricoperte di teschi ed ossa che si trovavano nell'antico ossario, assieme a quelle che vennero riesumate nei cimiteri soppressi dopo la chiusura dell'ospedale locale, avvenuta nel 1652 per disposizione dell'amministrazione dell'Ospedale Maggiore, al quale era stato aggregato quasi due secoli prima.
Tutte le ossa vennero disposte nelle nicchie, sul cornicione, adornando i pilastri, fregiando le porte.
In questo motivo decorativo, il senso macabro si fonde propriamente con la grazia del rococò.
Sopra l'unico altare, in marmi pregiati con gli emblemi della passione di Gesù Cristo, fu collocata, in un'apposita nicchia, una statua di “Nostra Signora Dolorosa de Soledad (santa Maria Addolorata), vestita di un camice bianco, coperto da un mantello nero ricamato in oro, con le mani giunte, inginocchiata presso Gesù morto”.
L'opera venne eseguita nella metà del XVII secolo da Gerolamo Cattaneo, durante la dominazione spagnola.
Molti hanno avanzato l'ipotesi che tali ossa corrispondano ai numerosi martiri cristiani uccisi dagli eretici ariani al tempo di Sant'Ambrogio, ma la tesi non sembra reggere, in quanto esse risultano appartenere a pazienti morti dell'ospedale del Brolo (presente in loco), priori e confratelli che lo dirigevano, condannati alla decapitazione, carcerati morti nelle prigioni dopo il 1622 (cioè quando il loro cimitero risultò insufficiente), membri di famiglie aristocratiche che erano sepolti in sepolcri vicini, canonici della vicina basilica di Santo Stefano.
Nel 1738 re Giovanni V del Portogallo venne talmente colpito dalla cappella, che decise di ricopiarla in ogni particolare per farne erigere una uguale a Evora, vicino a Lisbona:la Capela dos Ossos.