Secondo il cronista Ogerio Alfieri, antenato del più noto Conte Vittorio, la città di Asti, “… nell'anno del Signore 1280 era colma di ricchezze, chiusa da solide e recenti mura e costituita quasi interamente da molti edifici, torri, palazzi e case da poco costruite”.
Nella descrizione, precisa e puntuale, Ogerio cita le buone qualità dei cittadini astesi giudicandoli “… assennati e nobili, ricchi e potenti”e dice che “in caso di necessità la città può contare su seicento cavalieri dotati di due cavalli…” mentre “il contado può fornire centosessanta cavalieri dotati di un cavallo o di una cavalla…”.
In quegli anni gli astigiani davano vita alla corsa del Palio: infatti la prima notizia certa della corsa risale al 1275 anno in cui, secondo Guglielmo Ventura, speziale di professione e cronista per diletto, gli astigiani corsero il Palio, per dileggio, sotto le mura della nemica città di Alba, portando danni e devastazioni alle vigne.
Oggi la città conserva un tessuto urbano testimonianza dei fasti di un tempo; le torri e le caseforti, i palazzi medievali e le caratteristiche vie del centro storico fanno da scenario alla affascinante rievocazione storica del Palio.
Sono ventuno i contendenti che nei giorni della vigilia hanno vigorosamente tentato di propiziare la vittoria con cene pantagrueliche, riti scaramantici, burle salaci nei confronti dei borghi avversari, sino all'ultimo intenso confronto in campo, preceduto dal sontuoso corteo, composto da oltre milleduecento figuranti in costume medievale.
Dopo molto impegno, tanta passione e altrettanti affanni uno soltanto potrà stringere tra le mani il drappo cremisino con le insegne della città e l'immagine del Santo Patrono.
Per tutti la grande Festa incomincia già il fine settimana precedente con l'inaugurazione della Mostra del Maestro del Palio, poi il Palio degli sbandieratori, il variopinto mercatino, il venerdì e il sabato le prove in pista per saggiare le forze in campo, in un crescendo da cardiopalma.
Ma per capire il Palio è necessario esserci, calarsi nella Festa, magari seguendo direttamente le vicende di uno dei ventuno partecipanti: dagli sguardi dei borghigiani, che hanno lavorato un anno intero, si capirà davvero che cosa significa la passione viscerale, l'attaccamento fortissimo ai colori, l'irrefrenabile voglia di vincere, l'incontenibile gioia della vittoria, l'amarezza della sconfitta.
Il Palio, grande drappo di velluto con le insegne di Asti e la raffigurazione del patrono San Secondo, è il “sogno” cui aspirano ben ventuno contendenti.
Ma, per “Palio”, si intende la corsa animosa e appassionata che infiamma le terre astesi a settembre.
Gli astigiani, quasi a voler raddoppiare la festa, regalano al Santo, ogni anno a maggio, un altro drappo con le medesime insegne.
D'altronde, è un atto dovuto, per impetrare quella protezione che San Secondo non ha mai mancato di elargire alla sua Città: già nel 1275, infatti, ad Asti, si soleva correre il Palio in occasione della festa del Santo.
Anche oggi, come allora, il Sindaco dà licenza di correre il Palio pronunciando antiche parole “… andate e che San Secondo vi assista!”.
E per i ventuno partecipanti incomincia una spasmodica attesa che dura per il tempo infinito - un paio di minuti! - di ognuna delle tre batterie e della finale.
Sette cavalli al canapo per ogni contesa, nove per la finale e migliaia di borghigiani che sperano, tutti, nel miracolo della vittoria.
Ma a vincere sarà uno soltanto: il più bravo, il più fortunato e scaltro, il più irruente.
La gioia del vincitore è incontenibile.
In un attimo tutto il borgo dimentica le fatiche di un anno: il lavoro per studiare e cucire i preziosi costumi della sfilata, l'affanno per organizzare le feste e le pantagrueliche cene propiziatorie della vigilia, l'impegno per mettere a punto bandiere e stendardi.
Si dimenticano anche le nottate passate in scuderia accanto al cavallo, le levatacce per seguire gli allenamenti.
Tutto è ripagato da un “incredibile” drappo cremisino che stringe il Rettore tra le mani: il Palio.
I Palii sono composti da due elementi essenziali: il “labaro” dipinto, che porta l'effige del Santo e le insegne della Città di Asti e il “Palio” propriamente detto, costituito da una lunga pezza di velluto cremisino congiunta al “labaro”.
Il Palio si misura in “rasi”: sedici per il Palio della corsa, dieci per il Palio offerto alla Collegiata.
Il raso, antica misura piemontese, corrisponde a sessanta centimetri.