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Area Marina Protetta di Capo Carbonara

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AREA MARINA PROTETTA DI CAPO CARBONARA

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Mappa Area Marina Protetta di Capo Carbonara

 Come arrivare: - GPS/Coordinate geografiche
Area Marina Protetta di Capo Carbonara
39°06'19.22" N - 09°33'25.68" E
Decimale: 39.10534 - 9.557133
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L'Area Marina Protetta "Capo Carbonara-Isola dei Cavoli", affidata al Comune di Villasimius, come Ente gestore, è stata istituita con D.M. il 15.09.1998 interamente sostituito dal D.M. del 03.08.1999.
Occupa un'area di mare di 8.900 ha circa, suddivisa in zone a diverso grado di tutela in cui le attività consentite sono:

  • ZONA A - Riserva integrale
    L'accesso al personale dell'Ente gestore, per attività di servizio, e a quello scientifico, per lo svolgimento di ricerche autorizzate; le immersioni autorizzate a fini scientifici e la realizzazione di visite guidate subacquee, regolamentate in aree limitate e secondo percorsi prefissati, tenendo comunque conto delle esigenze di elevata tutela ambientale.
  • Zona B - Riserva generale
    La navigazione regolamentata di natanti e imbarcazioni, a bassa velocità (non oltre i 10 nodi); la pesca, professionale e sportiva previa autorizzazione; la balneazione; l'ancoraggio alle apposite struttura predisposte dall'Ente gestore; le immersioni subacquee, previamente autorizzate.
  • Zona C - Riserva parziale
    Oltre a quanto indicato per la zona B, la navigazione a natanti e imbarcazioni e l'ancoraggio, come regolamentato dall'Ente gestore; le immersioni subacquee; la pesca professionale ai pescatori residenti nel Comune di Villasimius e a quelli non residenti, autorizzati dall'Ente gestore sulla base di apposita disciplina.

In tutta l'Area Marina Protetta è comunque vietato:

  • l'ancoraggio, salvo che nelle aree attrezzate allo scopo e opportunamente segnalate
  • la pesca subacquea, la cattura, la raccolta e il danneggiamento delle specie animali e vegetali, nonchè l'asportazione di minerali e di reperti archeologici

L'Area Marina Protetta di Capo Carbonara (o AMP) è stata istituita su una zona vasta circa 9.000 ettari delimitata dal perimetro marino e costiero che ha per vertici Capo Boi, l'Isola dei Cavoli, Serpentara e Punta Porceddus.
Gli obiettivi dell'istituzione non si concentrano sulla sola salvaguardia del patrimonio naturale ma promuovono la valorizzazione delle risorse, lo sviluppo sostenibile e la formazione di una più elevata coscienza ambientale e culturale nella popolazione locale e turistica.
L'AMP si occupa del monitoraggio costante dell'area marina e costiera con servizi di sorveglianza e tutela, svolgendo lavori di ricerca scientifica con il supporto dell'Università di Cagliari, promuovendo la formazione di professionalità specifiche e numerose iniziative a livello locale, nazionale e internazionale, allo scopo di valorizzare le risorse naturali e umane dell'intera Area.
All'interno dell'Area vengono erogati tutti i servizi turistici.
L'AMP è suddivisa in tre zone sottoposte a differente livello di tutela integrale, generale e parziale.
Il regolamento dell'Area è disponibile presso la sede dell'AMP e negli uffici del Comune di Villasimius.

Lo scrigno sommerso
Anche gli scenari sommersi sono caratterizzati dal paesaggio delle rocce granitiche che, come fuori dall'acqua, formano pinnacoli, enormi bastioni, avvallamenti, spaccature, tafoni, colonizzati dal giallo delle margherite di mare e dal rosso delle gorgonie.
I fondali sono infatti percorsi da correnti che oltre a favorire la presenza di filtratori come le spugne e sospensivori come le gorgonie, sono anche l'ambiente ideale per i grandi predatori.
Si osservano cosi dentici e ricciole ed in alcune località, come nei pressi dei Variglioni dei Cavoli, è normale incontrare un grande sciame di barracuda che pattuglia in continuazione le rocce.
Sul lato esterno dei Variglioni si incontrano pareti cariche di colore.
Prima una sorprendente concentrazione di spugne rosse a calice (Haliclona mediterranea) e di margherite di mare, poi le gorgonie bianche, gialle ed infine le pareti si riempiono di gorgonie rosse (Paramuricea clavata).
Grandi ventagli si staccano dalla roccia e formano un'attrazione irresistibile, anche se la profondità non è per tutti.
Alla ricchezza della fauna si aggiunge una notevole trasparenza dell'acqua, al punto che sulle secche è necessario consultare gli strumenti per conoscere l'esatta profondità e non lasciarsi ingannare dalla forte luminosità.
Accade così alla Secca di Mezzo dove l'immersione si snoda a 30 metri di profondità, ma sembra di essere molto più vicini alla superficie e si rischia di allungare troppo il tempo di fondo, ammaliati dal rosso delle gorgonie o dalle evoluzioni delle castagnole rosse.
Sono decine i punti di immersione frequentati dai subacquei attorno all'Isola dei Cavoli, allo scoglio dei Berni e attorno a Serpentara.
Ma se si vuole avere un'idea di come l'istituzione dell'Area Marina Protetta cominci a dare i primi frutti, bisogna immergersi alla Secca di Santa Caterina.
Si scende lungo la grande meda d'acciaio e già meraviglia la limpidezza dell'acqua che consente di leggere il paesaggio dei grandi blocchi di granito fin dalla superficie.
Poi quando ci si avvicina al fondo ci si stupisce subito per la quantità e la confidenza del pesce che gira sulla secca.
Saraghi di tutti i tipi, corvine, ma anche grosse orate sembrano accogliere di buon grado i subaquei e si lasciano avvicinare senza paura.
Alti sulle rocce anche qui nuotano i barracuda e può capitare che passi un branco fitto di palamite.
Ma lo spettacolo lo fanno i grandi dentici che si lasciano osservare con inusitata confidenza e che all'improvviso guizzano nei branchi di castagnole, di zerri o di occhiate per cercare una preda.
Ma non sono solo gli organismi a riempire lo scrigno dei fondali della Secca di Santa Caterina e di tutta l'area protetta: quasi tutta la zona è di grande interesse archeologico per la notevole quantità di reperti sparsi sul fondo.
Le più appariscenti sono le ancore antiche, come i grandi ceppi di piombo di età romana.
Ci sono anche navi moderne sui fondali.
Era il 1943 quando al traverso di Cala Caterina, lungo il promontorio di Capo Carbonara, andò a picco l'Egle, un piroscafo da carico affondato da un sommergibile olandese, il Dolfijn.
Era il 29 marzo e quella dell'Egle fu solo una delle tante tragedie che sconvolsero il mare a sud della Sardegna e che sono documentate da decine di relitti.
L'Egle trasportava carbone e parte del carico si può osservare attualmente in immersione. Lo scafo giace su un fondale di 35 metri ed è in cattive condizioni, ma tra le lamiere si trova ancora il libro di bordo saponificato e molto fragile: i centri di immersione che guidano i subacquei alla visita del relitto fanno buona attenzione che non venga manomesso.
Se i relitti sono tracce evidenti della presenza dell'uomo, nei fondali di queste coste compaiono nuovi segnali di come le attività umane stanno trasformando gli ambienti sommersi del Mediterraneo.
Infatti ha fatto la sua comparsa anche qui una nuova specie di alga, già conosciuta per la Sicilia, che proviene dal Mar Rosso, probabilmente trasportata dalla chiglia di qualche nave.
Si tratta della Caulerpa racemosa, un'alga verde le cui fronde sono caratterizzate da piccole protuberanze rotondegginati.
È una specie appartenente ad un genere, diffuso soprattutto in ambienti tropicali, che in Mediterraneo fino a poco tempo fa aveva un solo rappresentante nella Caulerpa prolifera, comune in molte zone detritiche dell'AMP.
C'è un altro segno dell'uomo nelle acque dell'Area Marina Protetta.
Nel fondale a ridosso dell'isola dei Cavoli, nei pressi di un Variglione, l'8 luglio del 1979 venne posata una grande scultura in trachite rosa di Ozieri raffigurante la Madonna del Naufrago.
Alta più di 3 metri e del peso di oltre 5 tonnellate, la statua è opera di Pinuccio Sciola, importante scultore sardo, e rappresenta l'amore materno nel gesto di sottrarre il bambino alle profondità del mare.
Collocata ad 11 metri di profondità, la statua è il centro della cerimonia religiosa che si svolge ogni anno e che coinvolge oltre ai locali anche i turisti che partecipano con le imbarcazioni, mentre molti si immergono per portare corone di fiori alla Vergine.

La Fauna Il sensibile innalzamento della temperatura delle acque ha richiamato negli ultimi anni alcune specie tropicali che hanno trovato habitat favorevole in una secca antistante la spiaggia di Simius.
Da segnalare la presenza del Pinna Nobilis, il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo.
Tra i mammiferi, oltre all'abituale presenza dei delfini tursiopi, sono stati sporadicamente avvistati esemplari isolati di foca monaca.
La loro presenza conferma il basso o nullo indice d'inquinamento marino e le favorevoli condizioni di un habitat idoneo alla riproduzione delle diverse specie.
L'area umida dello stagno di Notteri è rifugio di falchi pellegrini, marangoni dal ciuffo, magnanine sarde, averle piccole, calandri e calandrelle, sterne e fenicotteri rosa.

La Flora L'AMP ha censito 136 specie vegetali spontanee. Sull'Isola dei Cavoli cresce l'acchiappamosche o gigaro gigante (Dracunculus muscivorus). È una pianta endemica di Sardegna, Corsica e Baleari dall'aspetto inconfondibile che si rinviene soprattutto nelle piccole isole: le foglie sono grandi, lanceolate ed il fiore ha la forma di un grande imbuto color rosso mattone, peloso, con al centro una lunga protuberanza pelosa, chiamata spadice, con i fiori femminili alla base e quelli maschili nella zona terminale. Quando viene a maturità emette un odore di carne andata a male, che attrae particolari insetti che favoriscono l'impollinazione. Questa strana pianta ha anche un'altra caratteristica per attirare gli insetti.
L'infiorescenza a forma di imbuto, come un pannello solare, assorbe le radiazioni luminose riscaldandosi: si generano così correnti di convezione termica verso l'interno del fiore, dove sono appunto collocati gli organi della riproduzione.
Gli insetti sono spinti verso questa zona e restano impregnati del polline: la pianta è sempre coperta di mosche (Sarcophaga carnaria) che diventano parte integrante del meccanismo riproduttivo, trasferendo il polline da fiore a fiore.
Sull'isola dei Cavoli si trova anche il cavolo di Sardegna (Brassica insularis), un endemismo tirrenico, presente anche in Corsica e Pantelleria.
In Sardegna è diffusa anche all'Isola Rossa di Teulada, a Tavolara, a Figarolo, lungo la costa di Capo Caccia ed in alcune zone dell'interno.
Si tratta di una pianta perenne, con fusto legnoso alla base, con foglie voluminose, che può raggiungere normalmente gli 80 cm di altezza: sull'Isola dei Cavoli sono state rinvenute piante con portamento arboreo, alte fino a 2,70 m e con il fusto di 13 cm di diametro.
La fioritura avviene tra la fine dell'inverno e la primavera, con numerose infiorescenze bianche, che in particolare nelle piccole isole caratterizzano la vegetazione primaverile.
È una pianta tipica di ambienti esposti e rocciosi, infatti cresce su rocce sparse oppure su pareti verticali.
Appartiene ad un gruppo composto da numerose specie, progenitrici del cavolo che viene coltivato e che si mangia normalmente.
La somiglianza più evidente con il cavolo coltivato è nella forma e nella dimensione delle foglie.
Tipici dell'area costiera sono la macchia mediterranea, il ginepro coccolone, il pistacchio e il mirto.
Per la flora sottomarina l'isola di Serpentara, la secca dei Berni e la secca di Cala Caterina costituiscono l'ambiente ideale di rigogliose praterie di poseidonia.


 Fonti:
- Opuscolo Area Marina Protetta di Capo Carbonara


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